Padre Aldo Bergamaschi
A Reggio Emilia molti hanno conosciuto il padre cappuccino Aldo Bergamaschi, se non altro per le sue omelie festive e per i quintali di pane che il suo convento distribuiva e distribuisce ai poveri.
Nell'omelia della sua messa domenicale affrontava problemi di grande respiro ecclesiale, problemi morali e sociali anche scomodi, alla luce di una originale riflessione sul Vangelo.
Ricercatore di valori spirituali (questa è per padre Bergamaschi la traduzione esatta della frase evangelica «Beati i poveri in spirito»), egli afferma che il Cristianesimo non è una religione, ma una "novità esistenziale".
«La religione è una sovrapposizione illegittima a un bisogno spirituale esistente nell'uomo.
I primi due cristiani, Nicodemo e la samaritana, sono tali perché si sono liberati della storia personale e del gruppo: ecco la rinascita chiesta da Gesù a Nicodemo.
Dio ha tanto amato il mondo, non un popolo, il concetto di popolo è illegittimo davanti a lui come è illegittima una qualsiasi religione.
I cristiani devono ragionare con categorie universali, forse sarebbero dovuti rimanere in martirio - dopo Costantino - per altri dieci secoli, invece si sono accomunati con le altre religioni, ecco perché siamo in queste condizioni».
Padre Bergamaschi, personaggio inquieto?
«Le più belle pagine della Chiesa furono scritte da anime inquiete: spegnendo l'inquietudine non si spegne pure lo spirito?» scriveva don Mazzolari, del quale padre Bergamaschi è stato discepolo e collaboratore fin dai tempi del settimanale mazzolariano "Adesso".
Il suo passo è stato un po' troppo lungo, come disse Paolo VI sul conto di don Mazzolari?
Ognuno potrà verificarlo attraverso la conoscenza degli scritti e del pensiero.
Solo un accenno ad alcune delle sue stimolanti tesi:
- I comandamenti possono essere dieci o cento, ma tutti derivano dall'Â’unico:
"“amatevi come io ho amato voi"”, senza profitto.
- Il cristianesimo proclamato dal Nuovo Testamento è una "novità esistenziale" non una religione; e la vicenda terrena di Gesù non dovrebbe lasciare dubbi al riguardo.
- Il Cristianesimo storico, da Costantino in poi, è caduto al rango di religione (religione cristiana), si è mescolato al potere e ne ha “consacrato” le aberrazioni; questa disgrazia perdura tuttora.
- Gli stati nazionali e i differenti idiomi - con le tante disparità e discriminazioni che forzosamente vi convivono all’interno - sono all'’origine di tutte le tensioni, di tutti i conflitti: se proprio è necessario compartimentare l'’umanità , non lo si faccia per confini geografici, ma per segmenti dell'’etica.
- Il Cristianesimo non è “la” soluzione dei problemi sociali, ma il cristiano, tale per conversione (metanoia) e non per nascita, è chiamato al conseguente manifestarsi del suo credo nel quotidiano, con l'’esempio del suo comportamento nei rapporti tra singoli, nella famiglia, sul lavoro, in campo sociale.
- La santità non è di chi compie miracoli o lenisce le tribolazioni di poveri e afflitti, ma di chi denuncia e combatte i soprusi, spesso inflitti “in nome di Dio”.
- La Chiesa, per essere credibile non ha bisogno di preti e di ordini religiosi, ma di cristiani; essere cristiani rimane la vocazione più difficile soprattutto nella prassi, quando costringe l'’individuo a distinguere il "non si può fare" dal "non si riesce a fare".
- Non esiste felice concordismo fra noi e il cosmo, e bisogna far qualcosa di "pratico" affinché i finalismi umani non incontrino altri finalismi in sé perfetti, volti ad attuare disegni che ci sfuggono a motivo della nostra ignoranza.
Non è facile trovare fra gli esegeti e i predicatori cattolici, chi si introduca in un Cristo tanto concreto, accettandone tutti i rischi.
Padre Bergamaschi, a causa di questa sua aderenza totale al messaggio evangelico, letto attraverso il principio di "non contraddizione", ha dovuto subire incomprensioni, ostilità , condanne, a cominciare dagli stessi confratelli e gerarchie, avversioni e mortificazioni fino alla sospensione della parola per undici anni.
Poi, riabilitato a tutti gli effetti, e stato nominato superiore del Convento dei Cappuccini di Reggio Emilia nel novembre 1999.